Locazioni brevi: imprenditori per forza?

I titolari dei redditi da locazioni brevi invocano riduzioni della cedolare secca e della sua base imponibile, non realizzando che la tassa al 21% potrebbe essere revocata a molti di loro.

Il processo di riforma fiscale avviato a gennaio con il ritiro del famoso emendamento Pellicani, e interrotto solo a causa della pandemia, sta per ripartire, e il criterio di imprenditorialità è tornato di grande attualità. Le nuove limitazioni alle locazioni turistiche stanno per essere inserite nel nuovo disegno di legge sul lavoro agile (smart working), e trovano convergenza da parte di molte parti sociali e politiche, come vedremo.

Tutto questo, mentre l’ex ministro Centinaio ha ripresentato a luglio al Senato il testo della legge delega del turismo arenatasi più di un anno fa in coincidenza con il cambio di Governo. In esso, fra le materie oggetto della delega, la definizione dei “criteri in base ai quali l’attività di locazione breve si presume svolta in forma imprenditoriale”.

I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Con la risposta n. 278 del 26/8/2020, l’Agenzia delle Entrate conferma la piena applicabilità della cedolare secca per i redditi prodotti dal proprietario e titolare di diverse attività di locazione turistica (tre case in Lombardia, una in Liguria, una nel Lazio e due in Sardegna), affittate per brevi periodi tramite portali internet. Nell’interpello, il contribuente precisa che non metterà a disposizione degli ospiti alcun servizio e che gli unici servizi forniti, unitamente alla messa a disposizione degli immobili, saranno le utenze, la fornitura iniziale di biancheria e la pulizia finale.

Nel porre il quesito, il titolare dimostra di avere ben chiara la differenza fra locazione turistica e struttura ricettiva, e le loro distinte modalità di tassazione.

Ricordiamo che, mentre le Locazioni Turistiche producono redditi fondiari (tassabili con cedolare secca), le strutture ricettive non imprenditoriali (Case Vacanze e Bed&Breakfast) producono redditi diversi, non tassabili con cedolare secca, ma solo con Irpef. La differenza dipende dai servizi offerti: anche il minimo servizio (come ad esempio il cambio di biancheria, il riassetto della camera e la colazione) può qualificare una attività turistica come struttura ricettiva.

Come prevedibile, l’Agenzia risponde che, oltre ai criteri presenti nel codice civile, nella disciplina Iva e delle imposte sui redditi, gli elementi rilevanti per definire l’imprenditorialità di tale attività non sono costituiti dal numero totale di immobili, ma piuttosto dai servizi offerti e dalla forma di organizzazione. Nel caso del contribuente che ha presentato l’interpello, i ridottissimi servizi offerti in combinazione con la fruizione del proprio immobile non modificano la natura dei redditi, che possono essere qualificati come da locazione breve.

Importanti anche alcune precisazioni della risposta delle Entrate:

  • la locazione tramite l’intermediazione di portali telematici non è un indice di imprenditorialità;
  • la fornitura di servizi addizionali produrrebbe per gli stessi immobili un reddito “diverso” – art. 67 i) TUIR – che impedirebbe l’applicazione della normativa sugli affitti brevi, e dell’opzione per la cedolare secca.

LE NOVITA’ IN ARRIVO

L’interpello e la risposta si riferiscono alla attuale normativa, che potrebbe però presto cambiare. A metà luglio, si sono tenuti a Firenze gli Stati Generali del Turismo 2020, presieduti dal Sindaco Nardella, alla presenza del Sottosegretario al MIBACT Bonaccorsi che si è impegnato a promuovere varie azioni a tutela delle città d’arte, fra cui una norma nazionale sulle locazioni turistiche, che, oltre a individuare i criteri di imprenditorialità con riflessi sulla tassazione, ne limiterebbe il numero e il periodo di attività nei centri storici più soggetti all’overtourism.

Il 30 luglio, gli stessi obiettivi sono stati rilanciati attraverso una lettera aperta inviata al Ministro Franceschini da Confesercenti, con il favore delle Amministrazioni locali di Firenze e Venezia e dei sindacati (CGIL).

Il provvedimento sta per essere inserito nel disegno di legge smart working presentato al Senato. E’ probabile che le nuove norme anti-affitti brevi ricalchino quella già previste a febbraio, poi non più presentate (esclusione dalla cedolare secca oltre un certo reddito annuo o numero di immobili o prenotazioni), o vengano approvate regole ancora più “aggressive”, con l’assegnazione di una partita Iva a determinate condizioni, o, più ragionevolmente, si completi l’attuazione del codice identificativo nazionale.

CEDOLARE SECCA O IRPEF?

Nell’inseguimento dell’imposta più bassa, spesso non vengono considerati i costi fiscali conseguenti al cumulo fra Irpef e cedolare secca, che si aggiungono al 21% già previsto. Il reddito complessivo per le agevolazioni fiscali tiene conto infatti anche dei redditi tassati con cedolare secca, che si cumulano a quelli soggetti ad Irpef.

Un contribuente con un reddito di lavoro dipendente da 23mila euro, con un figlio a carico e un reddito da locazione breve da 13mila euro, paga il suo 21% sul reddito “turistico” (cedolare = 2.730 euro). Ma, a causa del “conguaglio” fra Irpef e cedolare secca, dovrà pagare altri 1.600 euro, fra minori detrazioni per lavoro dipendente e per familiari a carico, e restituzione del bonus lavoro dipendente. Senza tener conto di eventuali assegni per il nucleo familiare* e di famiglie numerose, maggiormente penalizzate in questa situazione. Nell’esempio, il carico fiscale effettivo della cedolare secca sale al 33%: è sempre opportuno calcolare bene il regime fiscale più conveniente e tutte le sue implicazioni prima di iniziare l’attività.

*Ai fini dell’assegno INPS per il nucleo familiare (ANF), il reddito complessivo del nucleo familiare deve essere composto, per almeno il 70%, da reddito da lavoro dipendente e assimilato. Quindi se il reddito da locazione, comunque venga tassato, supera il 30% del reddito complessivo, comporta la perdita dell’ANF, e questo è un ulteriore carico da considerare.

ALIQUOTA PIU’ BASSA, MULTE PIU’ SALATE

Pochi sanno anche che la cedolare secca ha un sistema sanzionatorio speciale, in pratica il più severo del nostro sistema fiscale.

Nel caso venga dichiarato un importo più basso rispetto a quello effettivo, è prevista la sanzione dal 180% al 360% della cedolare secca dovuta. Le sanzioni salgono alle stelle, nel caso di omissione totale del reddito da locazione, punita dal 240% al 480% della cedolare secca dovuta. In quel caso, la somma di imposta dovuta e sanzioni supera addirittura il reddito evaso, traducendosi di fatto in una confisca del reddito non dichiarato da parte dello Stato.

Agli schemi elusivi a volte presenti nei contratti di locazione “rent-to-rent” con proprietari persone fisiche, sono applicabili queste pesanti sanzioni, sia nel caso di cedolare secca al 10% non spettante, che nel caso di cedolare secca al 21% applicata impropriamente in contratti con società o interposte persone, per finalità turistica ultima dell’immobile.

Le pesanti conseguenze sui proprietari, che arrivano come abbiamo visto alla confisca totale (sanzione pari o maggiore del reddito da locazione), dovrebbero far riconsiderare certe modalità “allegre” di stipula dei contratti di locazione di immobili abitativi destinati a locazione turistica o a struttura ricettiva.

E’ suggeribile in ogni caso la regolarizzazione, anche per host con immobili propri.

IMPRENDITORI PER FORZA?

Per concludere, al di là delle questioni giuridiche sulla legittimità di imporre limitazioni all’attività o regimi fiscali coercitivi, nutriamo seri dubbi sulla identità fra proprietari di immobili e imprenditori. Le due figure non sempre coincidono: nella realtà e nelle definizioni economiche, le due categorie sono profondamente diverse: il “capitalista” vuole una rendita per il suo capitale, possibilmente certa, mentre l’imprenditore, a fronte di un rischio, persegue il suo profitto.

Diventa quindi una questione di change management: idealmente una attività che dà frutti e soddisfazioni non può nascere da una costrizione. Ma nella realtà, molti potrebbero presto accettare di “professionalizzarsi” e aprire la partita Iva, o purtroppo, inventare soluzioni elusive per aggirare i nuovi limiti presto imposti.

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