I consigli di Marco Camisani Calzolari, Airbnb e Polizia per evitare truffe online

Continua a crescere il fenomeno delle truffe online. Nonostante siano generazioni native digitali, a sorpresa a essere maggiormente vittime di questi fenomeni, dalle frodi con carte di credito al phishing, sono Gen Z e Millennial e non i senior. È quanto emerge dalle evidenze di Polizia di Stato e Airbnb, che alla vigilia dell’estate e delle prenotazioni delle vacanze hanno rinnovato la collaborazione per aiutare i cittadini a riconoscere ed evitare i malintenzionati in rete. Il Testimonial della campagna è Marco Camisani Calzolari, divulgatore tecnologico e volto televisivo, che si è messo a disposizione in quanto collabora già con la Polizia di Stato sul tema delle truffe online.

L’identikit della vittima

Secondo il Report 2023 delle attività della Polizia Postale, l’anno scorso si è registrato un considerevole aumento dei tentativi di truffa online in Italia, con una crescita di questi reati del 6% dal 2022 al 2023 e un conseguente incremento del denaro sottratto, che è passato da 114 milioni di euro a 137 milioni (+20%).1 Sono invece 2.500 i siti di phishing individuati e bloccati da Airbnb solamente negli ultimi 12 mesi. Anche se nate e cresciute nell’era digitale, le nuove generazioni sono meno attente quando si tratta di sicurezza online. Secondo Consumerismo, 1 italiano su 5 dichiara di aver subìto almeno una truffa mentre faceva acquisti in rete, percentuale che sale al 33,1% nella fascia d’età 25-34 anni: ciò significa che 1 giovane su 3 è caduto nelle “trappole” dell’e-commerce.2 L’Italia non fa eccezione rispetto all’Europa, come evidenziano le indagini di Airbnb:

  • Nel Regno Unito, i giovani tra i 18 e i 34 anni sono stati truffati più di ogni altra fascia di età e più di un terzo (34%) non saprebbe a chi rivolgersi per chiedere aiuto qualora venisse truffato.
  • In Spagna, la maggior parte dei Baby Boomer (60%), Gen X (55%) e Millennial (56%) utilizza una password diversa per ogni account online, mentre la percentuale scende fino alla metà (50%) se si considera la Gen Z.
  • Nei Paesi Bassi, quasi un terzo degli utenti in fascia 18-24 anni (31%) e tra i 25 e i 34 anni (33%) è disponibile a pagare le vacanze con un bonifico bancario, una modalità di pagamento meno sicura, rispetto ad appena il 14% dei 55-64enni e il 14% degli over 65.
  • In Francia, quasi un quarto (23%) degli utenti utilizzerebbe un social network per pagare o prenotare un alloggio per le vacanze, un contesto nel quale i truffatori potrebbero prendere di mira le vittime con offerte troppo allettanti per essere vere.

Anche se l’opinione comune è che i Baby Boomer siano i più a rischio truffa, nella realtà i Millennial ammettono di essere disposti ad azzardare acquisti d’impulso se ciò implica un risparmio in termini economici; le persone di questa fascia d’età, infatti, sono più propense a mettersi d’accordo al di fuori delle piattaforme di prenotazione affidabili, esponendosi in questo modo a un maggiore rischio che qualcosa vada storto. Infine, l’attitudine rilassata nei confronti dei social media che si frequentano ogni giorno può essere tra le cause che espongono i più giovani alle brutte sorprese.

Valentina Reino, Responsabile relazioni istituzionali di Airbnb Italia, ha dichiarato: “Ci troviamo nel pieno del periodo delle prenotazioni; questa iniziativa vuole aiutare le persone a capire quali siano i campanelli d’allarme da cogliere e le buone pratiche da adottare. Quando si tratta di prenotare su Airbnb, incoraggiamo i nostri ospiti a comunicare, prenotare e pagare solo sulla piattaforma, dove le transazioni sono sicure e possono contare anche su AirCover, il nostro programma assicurativo a tutela di host e ospiti. La grandissima parte dei tentativi di raggiro avviene infatti fuori dal nostro sito”.

“Negli ultimi anni si sta assistendo ad un costante aumento nel settore dei reati finanziari commessi online, solo nel 2023 la Polizia Postale ha trattato oltre 16mila casi, tra cui quelli legati alla prenotazione di case vacanza, pacchetti e titoli di viaggio. Sebbene la maggior parte delle truffe si realizzino al di fuori delle piattaforme di prenotazione di viaggi, anche in tale settore riscontriamo significative evidenze, specialmente in coincidenza dei periodi di punta per la pianificazione delle vacanze. Sono tipologie di raggiri che, con un’adeguata e costante opera di sensibilizzazione verso gli utenti, possono essere riconosciuti ed evitati, e in tale direzione è massimo l’impegno della Polizia Postale. Per tale motivo, apprezziamo e rinnoviamo la collaborazione con Airbnb nella prevenzione di tali reati.” Massimo Bruno, Primo Dirigente della Polizia di Stato e Direttore della Divisione Financial Cybercrime del Servizio Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica.

Come evitare le truffe online: i consigli

Controllate l’indirizzo del sito web. Che si utilizzi un computer o uno smartphone, meglio verificare di stare prenotando attraverso una piattaforma ufficiale

Non cliccate su link sconosciuti. L’utilizzo rilassato dei social media può contribuire a esporre gli utenti al rischio di truffa. Se non si è sicuri che un messaggio o un post provengano da un’azienda riconosciuta, non condividere o interagire con essi e non cliccare su eventuali link presenti. Airbnb fornisce delle linee guida su come identificare un link o un’email autentica della piattaforma.

Diffidate di offerte troppo convenienti o richieste di caparra. Con il costo della vita che tende ad aumentare, molti consumatori sono a caccia di offerte vantaggiose; ma se un’offerta o un annuncio sembrano troppo belli per essere veri, potremmo essere di fronte a una truffa. In questo caso è consigliabile prendersi tutto il tempo necessario per esaminare i dettagli dell’annuncio e le recensioni esistenti, soprattutto se viene messa fretta per il pagamento.

Non pagate mai con bonifico bancario. Si tratta di uno strumento di pagamento non consentito da Airbnb. Meglio utilizzare la carta di credito, che offre più tutele. Se si riceve la richiesta di pagare un viaggio tramite bonifico bancario, criptovalute o carte regalo, è molto probabile che si tratti di una truffa.

Prenotate, pagate e comunicate solo sulla piattaforma. Alcuni utenti potrebbero essere attratti dalla proposta di trattare privatamente fuori dal portale per risparmiare. Tuttavia questo non consente di usufruire delle garanzie Airbnb, che non riconosce i pagamenti effettuati dagli ospiti fino a 24 ore dopo il check-in, mentre AirCover per gli ospiti fornisce una protezione per alcune possibili evenienze.

Controllate le recensioni. Leggere le opinioni di altri ospiti è utile per farsi un’idea più precisa prima di prenotare, controllando le valutazioni e le recensioni e leggendo attentamente la descrizione dell’annuncio. Inoltre è possibile porre domande all’host tramite la messaggistica sulla piattaforma prima di bloccare le date.

Comunicate con l’host. A prenotazione effettuata, prima di mettersi in viaggio, è preferibile contattare l’host per prendere accordi sull’arrivo, e verificare eventuali necessità particolarmente importanti. In caso di mancanza di risposta, contattate subito il servizio clienti.

Come segnalare un dubbio nel modo giusto. Su Airbnb, gli utenti possono segnalare messaggi controversi direttamente dalla messaggistica interna, mentre casi sospetti possono essere segnalati tramite una bandierina presente su ciascun annuncio. Se si è effettuato un pagamento fuori dal sito, è necessario contattare subito l’assistenza clienti che è a disposizione 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

CHECK IN ONLINE: DUBBI E LEGITTIMITA’

Riaffiorano dubbi sul check-in online nelle case offerte sul mercato Hospitality, la normativa non è chiara o aggiornata e quindi come sempre ci si affida alla discrezionalità della questura di turno, per cercare di chiarire pubblichiamo questo testo tratto da https://hospitalitylawlab.net/2023/03/17/check-in-online-e-problemi-di-legittimita/

Dubbi generati, da una parte, dall’opinione di alcune Questure che interpretano rigidamente gli obblighi di identificazione e comunicazione dei guest previsti dalla normativa penale applicabile (si tratta dell’Art. 109 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, noto come TULPS. Un articolo che, secondo l’Art. 19-bis D.L. 113/2018 conv., “…si interpreta nel senso che gli obblighi in esso previsti si applicano anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a 30 giorni”). Dall’altra, proprio queste interpretazioni rigide di alcune Questure fanno nuovamente affiorare i dubbi sulla legittimità delle relative norme, incompatibili con l’impianto civilistico del nostro ordinamento.

La disposizione interpretativa del 2018 voleva colmare un vuoto normativo, posto che per le locazioni di durata superiore ai 30 giorni la verifica da parte dell’Ordinamento era prevista grazie alla normativa sulla c.d. “cessione fabbricati” (art. 12 del D-L 21 marzo 1978, n. 59, conv. in L.18 maggio 1978, n. 191), oggi  sostanzialmente assorbita dall’obbligo di  registrazione del contratto (come spiegato dalla Circolare n. 557/LEG/010.418.6 del 31 Maggio 2011).

Il conflitto tra due impianti normativi

L’opinione recente di alcune (poche) Questure è che l’identificazione di ogni guest, sia da parte del gestore della struttura ricettiva che del locatore di appartamento privato, debba avvenire di persona, con esibizione di un valido documento presso la struttura prima di dare alloggio a qualsiasi ospite pernottante. Una verifica che non potrebbe essere sostituita da forme di identificazione a distanza. Tuttavia, un’interpretazione così spinta della norma, già difficilmente applicabile a chi conclude contratti di locazione, si discosta vistosamente dai principi dell’ordinamento civilistico.Abbiamo parlato, della portata di tale contrasto, con il prof. Alessio Lanzi e l’avv. Angelo Giuliani, entrambi partner penalisti di Hospitality Law Lab, e con l’avv. Donatella Marino, civilista.

Spiega Lanzi che “la formulazione originaria dell’art. 109 TULPS prevedeva obblighi di identificazione e comunicazione dei dati degli ospiti esclusivamente a carico di alberghi e  gestori di strutture ricettive. Con lo sviluppo dei cosiddetti “affitti brevi” conclusi tramite le piattaforme come Airbnb si evidenziava però una lacuna nel sistema, in quanto sfuggivano al controllo coloro che alloggiavano in case private per periodi inferiori ai 30 giorni. Il Legislatore è dunque intervenuto per realizzare così un efficace strumento di supporto alle Forze di Polizia nel rintracciare eventuali ricercati”.

Chiarisce Giuliani che “l’art. 109 TULPS rappresenta un illecito penale di natura contravvenzionale, come tale punibile a titolo sia di dolo sia di colpa, che prevede l’arresto fino a tre mesi o un’ammenda fino a 206,00 Euro. La norma prevista dal D.L. 113/2018 conv. ha avuto in effetti il merito di colmare un importante vuoto per le locazioni inferiori ai trenta giorni”.

Quanto alle problematiche applicative, aggiunge la Marino che “la norma era ben pensata, nel Regio Decreto del 1931, per alberghi e strutture ricettive dotati di formule di accoglienza e reception all’arrivo dei viaggiatori. L’estensione alle formule del mercato cosiddetto non (o extra) alberghiero, spesso privo di reception, aveva già generato problemi. La disposizione interpretativa del 2018 che estende dunque ai locatori (per periodi inferiori ai 30 giorni) questi obblighi genera poi ulteriori seri temi di conflitto con i principi civilistici in quanto incompatibile con la natura del contratto di locazione”. 

Le ricadute applicative sono importanti. Conclude infatti la Marino che, “applicando l’interpretazione restrittiva proposta da alcune Questure, si richiederebbe, per esempio, al locatore (proprietario o gestore/property manager dell’immobile)  che concede in locazione una casa, magari ampia e magari per qualche settimana, di impedire all’inquilino di ospitare amici e parenti se non previa identificazione, in presenza, di ogni ospite invitato durante il soggiorno. Dal punto di vista civilistico, una simile ingerenza da parte del locatore nel godimento dell’alloggio da parte del guest, oltre che risultare impraticabile senza il ricorso al check in a distanza, snaturerebbe il contratto di locazione”.

MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE SUL TURISMO

La regione Veneto ha pubblicato, nel BUR n. 84 del 21/06/2024, le modifiche alle leggi regionali n. 11 del 14/06/2013, n. 23 del 19/06/2019 e n. 28 del 10/08/2012 per adeguarsi alla nuova normativa nazionale introdotta dall’articolo 13 ter del DL 18/10/2023 n. 145, convertito in legge n. 191 del 15/12/2023, che disciplina il Codice Identificativo Nazionale e gli obblighi in tema di sicurezza per le locazioni inferiori ai 30 giorni.

L’aggiornamento della normativa regionale è stato fatto per adeguarsi alla sopracitata legge, in particolare per il codice identificativo nazionale, che ha prevalenza rispetto al codice regionale.

Vengono abrogati gli obblighi espositivi locali e sui portali telematici con le relative sanzioni, resta quanto indicato dall’articolo 13 ter, cioè obbligo di esposizione all’esterno dell’edificio, salvo vincoli urbanistici e paesaggistici, e sugli annunci pubblicati online; se fossero rimaste le sanzioni regionali si sarebbe creato uno svantaggio per gli operatori del Veneto, valgono quindi quelle nazionali, di importo più basso.

L’articolo 13 ter non ha disciplinato le modalità di esposizione del CIN e quindi restano valide quelle attuali indicate dalla regione Veneto

Viene rinviato ad un regolamento regionale la disciplina attuativa dell’articolo 27bis della legge regionale n.11, compreso le modalità di rilascio del CIR per ottenere il CIN e della sua esposizione. Lo stesso regolamento disciplinerà anche gli agriturismi e gli agricampeggi.

La vigilanza sulle attività ricettive resta di competenza dei Comuni.